Il giardino in eden

Genesi 2,8-17

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.  Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’ònice.  Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia.  Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».

Oh Signore, nostro Dio
che per ogni uomo e ogni donna
hai preparato un giardino
con ogni sorta di alberi che
non solo sono belli da guardare
ma che producono frutti buoni da mangiare
e ci hai dato la possibilità di
“mangiare di tutti gli alberi del giardino”,
ti offriamo la nostra consapevolezza che
noi non sappiamo goderne;
non sempre siamo capaci di apprezzare i tuoi doni
e viviamo spesso nella fatica e nella tentazione
di voler raccogliere
i frutti dell’unico albero che non è per noi
perché l’uomo e la donna sono creature limitate
e non possono contenere
tutta la grandezza del tuo essere.
Ma noi insistiamo, testardi
e anziché comprendere i nostri sbagli
e correrti incontro quando ci cerchi,
quando, pieno di apprensione, sussurri “dove sei?”
noi ci nascondiamo, fuggiamo dal tuo giardino.

Come ogni madre, come ogni padre,
tu accetti questo figlio e questa figlia
che fanno di testa loro,
ma maledici questa nostra incapacità
di comprendere la nostra grandezza
e la nostra bellezza;
siamo cocciuti e non apprezziamo i tanti frutti
degli alberi che hai piantato
e che hai messo a nostra disposizione
e allora dobbiamo maledire il suolo
perché se vogliamo ottenere
qualcosa di buono da lui,
lo dobbiamo lavorare
con fatica e sudore.

[Luca Lanari]

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